sabato 20 marzo 2021

Nel tempo tutto resta

 di Josuele Di Grazia

 "Ecco di cosa hanno sempre avuto paura le persone: di soffrire, anche se in realtà la sofferenza è un'emozione pura, degna di essere vissuta, perché nella sofferenza può essere racchiusa una nuova opportunità per la propria vita. Molte persone troppo spesso dimenticano che senza la sofferenza non si può apprezzare la felicità. "


Un libro scorrevole, che mi ha tolto il fiato e mi ha fatto versare anche qualche lacrima.
Un libro che parla di dolore, di perdita, ma anche di speranza e perché no di rinascita.
Un libro che ci insegna che anche dopo tante difficoltà la vita può sempre avere in serbo qualcosa di migliore per noi.

È la storia di Marco, che nella vita ha dovuto affrontare fin troppe difficoltà. Una vita vissuta nell'ombra, perché quando ne hai passate davvero troppe diventa quasi impossibile intravedere uno spiraglio di luce.

In questa storia c'è tanto amore, un amore che però forse Marco non ha davvero mai ricevuto.
Un viaggio nel passato per accettare il presente e quelle cicatrici ancora toppo nitide sulla pelle.
Ma anche un viaggio nelle emozioni che si susseguono, nei ricordi che bruciano, nella tristezza che in un modo o nell'altro ci si porta dentro. 

Oltre a lui c'è anche un'altra protagonista: sua madre Elisa, anch'essa piena di cicatrici causate da un passato ingiusto e oscuro. Due vite che sembrano accomunate da più di qualcosa.

È proprio partendo da questo intreccio con la vita di sua madre che Marco cerca se stesso.

Sarà la lettura di libro a spingerlo a prendere un treno. Verso un grande passo e forse anche verso il cambiamento radicale di cui tanto aveva bisogno.

Complimenti a Josuele che nonostante la giovane età è riuscito a mettere se stesso in questo libro e a farmi sentire quanto fossero davvero importanti per lui le parole che ci ha donato in questo libro.

martedì 16 marzo 2021

GRAZIA DELEDDA: LA STORIA DELLA SCRITTRICE SARDA

 L'unica italiana a vincere il Nobel per la letteratura nel 1926 dopo Carducci e prima di Pirandello


Grazia Deledda nasce a Nuoro nel 1871. Appassionata lettrice, da giovane inizia a scrivere racconti. Malinconica, particolarmente sensibile, appassionata di storie di quotidianità ed emarginati.

Nel 1899 decide di trasferirsi a Cagliari per uscire dal contesto frustrante del suo paesino d’origine, come si evince per esempio nel suo romanzo autobiografico Cosima in cui le zie si dimostrano contrarie alle ambizioni della nipote. Proprio a Cagliari conosce e sposa Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze che diviene anche suo agente letterario. Insieme si trasferirono a Roma nel 1900.

Fu grazie al romanzo Elias Portolu, nel 1903, che ebbe i suoi primi riconoscimenti; da quel momento furono numerose le sue opere di successo, da Cenere a L’edera. Nel 1913 esce il suo capolavoro, Canne al vento, improntato sul tema della fragilità dell'individuo travolto da un destino cieco e crudele.

I temi dell’ipocrisia e dell’arretratezza della sua terra tornano spesso nelle sue novelle, attirando le critiche a volte spietate. Una piccola donna con un grande coraggio e con un’anima forte, ardita e indomabile.

La sua opera è influenzata dal verismo di Giovanni Verga e dal decadentismo di Gabriele D'Annunzio; il paesaggio dei suoi romanzi è quello aspro della Sardegna, che non viene rappresentato secondo schemi regionali nè con la coloritura dannunziana, ma rivissuto attraverso il mito. Le sue opere, sospese tra verismo e decadentismo, testimoniano questo passaggio. Dall'interesse per la cultura tradizionale sarda passano all'analisi psicologica, al cospetto della quale l'ambiente isolano diviene un semplice sfondo. Così Grazia Deledda descrive la sua città natale Nuoro, cuore della Sardegna. È il campo aperto ove la civiltà incipiente combatte una lotta silenziosa con la strana barbarie sarda, così esagerata oltre mare.

Il 10 dicembre 1926 a Stoccolma, la scrittrice sarda vince il Premio Nobel per la letteratura.
La motivazione del premio fu: “Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale, e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.

Grazia fu la seconda donna a ricevere il Nobel per la Letteratura e fu anche la seconda autrice italiana ad essere insignita di questo riconoscimento, vent’anni dopo il poeta Giosuè Carducci.
All’epoca nessuna donna italiana aveva mai vinto questo premio e poche erano le donne che, in generale, riuscivano ad emergere in una società di uomini. 

Ma lei ci riuscì. Lei che aveva “vissuto coi boschi, i venti e le montagne” e che avrebbe portato per sempre con sé la sua Sardegna, affrontando ampi consensi ma anche aspre critiche.

COVER REVEAL - PICCOLE DONNE E PICCOLE DONNE CRESCONO

Edito da Armando Curcio Editore


“Niente è impossibile per una donna determinata”


Oggi voglio mostrarvi la meravigliosa copertina del nuovo Piccole Donne e Piccole Donne Crescono della Curcio Editore. 

Finalmente un’edizione con una veste grafica fresca e svecchiata di un capolavoro che ha fatto la storia della letteratura per ragazze. Un adattamento su cui la Curcio ha voluto lavorare con cura e dedizione per avvicinare i ragazzi alla lettura, soprattutto in un periodo storico difficile come quello che stiamo vivendo. Rifugiarsi nella lettura e in storie come questa potrebbe aiutare sicuramente i giovani, e non solo loro, a sentirsi meno oppressi dal peso della vita quotidiana.



SCHEDA TECNICA

 • TITOLO: Piccole Donne - Piccole Donne Crescono

• GENERE: Letteratura per ragazzi

• AUTORE: Louisa May Alcott

• PROGETTO GRAFICO: Giulia Antonicelli

• PREZZO: 16,90

 


    

                                   

Piccole donne è stato ed è sicuramente ancora uno dei primi libri ricevuti in dono da bambina e spesso è uno degli unici che, durante la crescita, si rilegge più e più volte.



Le avventure delle sorelle March sono ormai note a tanti, ma sono in pochi a sapere che in realtà è un romanzo nato per caso. Alla sua autrice Louisa May Alcott difatti era stato commissionato un semplice romanzo per ragazze e lei stessa dichiarò che quel lavoro “da fare” non le piaceva affatto. La scelta del finale inoltre appare forzata ed effettivamente lo è: l’Alcott era stata costretta dal suo editore a far sposare la protagonista del romanzo, pena il ritiro dell’offerta di pubblicazione. 
Alla fine comunque la storia di queste ragazze che affrontano le difficoltà della vita e cercano di migliorarsi e realizzare i propri sogni fu un immediato successo.



Tutti i temi trattati sono ancora assolutamente attuali: adeguarsi all’assenza di un genitore, i primi amori, le prime delusioni, i primi imprevisti del diventare adulte. Inoltre le protagoniste sono contemporanee perché sono imperfette, combattono contro i loro difetti e si sentono inadeguate rispetto ai canoni della società, proprio come le adolescenti di oggi.



In casa March poi si insiste sull’istruzione e sull’indipendenza, per questo può essere anche definito un romanzo protofemminista: la protagonista Jo, ribelle e anticonformista, non considera il matrimonio come strada per la realizzazione femminile, ma piuttosto lotta per l'affermazione nel lavoro e il perseguimento delle sue aspirazioni.
Di fatto dal 1868, anno della prima pubblicazione, generazioni di lettrici non hanno smesso di identificarsi nelle sorelle March. Come non riconoscersi, in qualsiasi secolo, in un conflitto tra quel che si vuole essere e quel che si ha la capacità di diventare?



Ci sono però anche cose che oggi siamo in grado di leggere con occhi diversi, come il finale di Piccole Donne Crescono che sembrava un finale perfettamente sensato, con la madre orgogliosa e grata per non poter immaginare per le sue figlie una felicità maggiore di quella dell’essere tutte sposate e con figli. Ma oggi questo finale ci lascia con diverse domande: dov’è finito il sogno di Jo di diventare una grande scrittrice? E perché Amy abbandona la sua aspirazione di diventare una pittrice?
È come se si siano adattate a degli stereotipi imposti da quella società. Cosa che fortunatamente oggi accade assai meno, anche se non possiamo dire che gli stereotipi di genere siano completamente superati. Probabilmente sono diversi e meno eclatanti, ma continuano a insinuarsi in diverse forme e in diversi contesti.



Piccole Donne è di grande ispirazione e dà al pubblico, in particolar modo alle nuove generazioni, la possibilità di riflettere sul concetto di libertà in ogni sua declinazione. È considerato sin dagli albori un vademecum per l’emancipazione personale di donne e scrittrici; tante sono state le autrici che ne hanno rivendicato l’ispirazione, da Simone de Beauvoir a Margaret Atwood e a Elena Ferrante. Tuttavia è errato e riduttivo considerare questo capolavoro come un romanzo al femminile: si tratta di un classico universale che, come tale, dovrebbe essere indistintamente fruito da tutti, senza alcuna distinzione.
Se è vero che i classici si riconoscono dalla loro capacità di trasmettere qualcosa in epoche diverse da quella in cui sono stati scritti, questo romanzo sancisce una volta per tutte di essere ben più di un modello per le giovinette dei tempi passati e che la sua storia di formazione è universale oltre ogni barriera di tempo e di genere.  




Jeanette Winterson - Lunga vita alle donne ribelli

   «Perché essere felice quando puoi essere normale?»   «Perché essere felice quando puoi essere normale?» Una frase a dir poco inconcepibi...