martedì 27 aprile 2021

Viola e Nina di Alice Mastropaolo - Recensione e Intervista all'autrice

 "𝚁𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚊𝚝𝚒 𝚍𝚒 𝚌𝚑𝚒 𝚌'𝚎𝚛𝚊 𝚚𝚞𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚜𝚝𝚊𝚟𝚒 𝚖𝚊𝚕𝚎, 𝚙𝚎𝚛𝚌𝚑é 𝚜𝚊𝚛𝚊𝚗𝚗𝚘 𝚚𝚞𝚎𝚕𝚕𝚒 𝚌𝚑𝚎 𝚟𝚘𝚛𝚛𝚊𝚒 𝚊𝚌𝚌𝚊𝚗𝚝𝚘 𝚚𝚞𝚊𝚗𝚍𝚘 𝚝𝚞𝚝𝚝𝚘 𝚊𝚗𝚍𝚛à 𝚋𝚎𝚗𝚎".

 

 

Oggi Tokyo ha deciso di aiutarmi a presentarvi questa bellissima lettura di Alice Mastropaolo:

𝕍𝕚𝕠𝕝𝕒 𝕖 ℕ𝕚𝕟𝕒, 𝕌𝕟𝕒 𝕓𝕖𝕝𝕝𝕚𝕤𝕤𝕚𝕞𝕒 𝕤𝕥𝕠𝕣𝕚𝕒 𝕕𝕚 𝕒𝕞𝕚𝕔𝕚𝕫𝕚𝕒 edito da @risfoglia.

L'autrice è illustratrice e scrittrice. Diplomata alla School of Comics and Illustration di Palermo, realizza i progetti editoriali Ustica e Queen of the Sea, che sono stati tradotti in italiano e in inglese. Oggi collabora alla realizzazione di numerosi fumetti italiani, americani e francesi. Considera la scrittura per ragazzi la sua grande vocazione. È al suo secondo lavoro con la Casa Editrice Armando Curcio dopo il successo di Augusto e Cesare.

𝐓𝐀𝐑𝐆𝐄𝐓 𝟔+

Una bellissima storia di amicizia - e di speranza - tra una bambina e una gattina davvero speciale.

Le due si incontrano in un parco e da quel momento cambierà la vita di entrambe. 
Nina decide difatti di seguire la bimba fino a casa, ma inizialmente non riesce a convincere nessuno ad adottarla. Si sente quasi trasparente agli occhi di quegli umani. Dopo diversi tentativi però riesce finalmente ad entrare a far parte della famiglia. Diventerà per Viola una distrazione da quella brutta malattia; Nina sarà sempre lì a farle da spalla e a coccolarla, soprattutto in quelle serate in cui la piccola tornerà a casa stanca, distrutta da quelle cure tanto invadenti.

Nasce così un legame di amore che le porterà ad affrontare insieme la malattia con forza e serenità. 

Essendo amante degli animali devo dire che questo libro mi ha profondamente toccato il cuore. Una storia che riesce a far trapelare l'importanza di avere un animale in casa e soprattutto quella di far crescere i bambini a contatto con loro. Per quanto mi riguarda ho sempre trovato conforto nella compagnia della mia gattina Tokyo e sono fermamente convinta che chi ha un animaletto da coccolare nella propria vita è sicuramente una persona meno sola.

Inoltre credo che si debba iniziare a parlare molto di più in questi libri di argomenti "più seri" come quello della malattia, proprio per aiutare sia bambini che genitori a sentirsi meno soli durante un periodo difficile come quello trattato nel libro.

Ringrazio Alice per questa bellissima lettura e per la nostra divertentissima intervista fatta in diretta IG qualche giorno fa. 

Vi riporto parte delle domande che ho fatto a questa bravissima autrice e illustratrice


- Quando e come hai capito di voler trasformare la tua passione per l’illustrazione e la scrittura in un lavoro?

In realtà ho sempre disegnato, uscendo dal liceo scientifico capii che la strada giusta da intraprendere non era quella della “matematica o delle scienze”, ma bensì quella dell’arte!.

Finita la maturità dopo diverse ricerche per trovare il posto più adatto a me, frequentai la scuola del fumetto di Palermo, e li grazie all’aiuto dei miei docenti (che ringrazio tutti!) imparai il mondo del fumetto e dell’illustrazione, uscendo con il mio primo libro scritto e illustrato da me: “Ustica e la regina del mare”. Terminato il mio percorso iniziai a lavorare poco tempo dopo con il mondo editoriale, lavorando per case editrici estere ed italiane. 

Infatti questa è quasi la mia decima pubblicazione! Un grande traguardo per me.

Ma tornando a noi, al mio percorso, la voglia di ampliare le mie conoscenze nel campo dell’illustrazione, mi spinsero a conseguire un master sull’illustrazione editoriale e il toys design a Milano, ricordo questa esperienza come una delle più importanti!


- Come nascono le tue storie?

Come nascono le mie storie... fammi pensare…

Ti direi dalla così chiamata “ispirazione”, mi capita di guardare, provare qualcosa e subito mi scatta la voglia di appuntare, e da lì parte tutto! Scrivere mi rilassa.

Beh, sai questo libro è stato solo un caso, i miei libri non sono spesso autobiografici, non raccontano di me ma si può dire che le mie emozioni si trasformano in storie.

Perciò forse solo in questo caso la protagonista è la ma gatta: “Nina”, perché guardandola una sera prima di addormentarmi con lei è stata l’ispirazione della mia storia. Infatti mentre lei dormiva beata tra le mie gambe ed il caldo piumone, c’ero io che invece scrissi per tutta la notte, immaginatevi un po’ voi la scena, lei il mattino seguente riposata e raggiante, mentre io…


- In questa storia ci parli dell’importanza di avere un animale in casa. Quindi qual è il tuo rapporto con loro?

Il mio rapporto con gli animali non può che essere indispensabile!

Fin da bambina adottai due incroci di pastore tedesco (che diciamo si innamorarono di me, senza più lasciarmi, quando fuori giocavo con la mia biciclettina. E’ stato il classico colpo di fulmine, erano diventati la mia ombra). Poi ho avuto qualunque animaletto possibile da tenere in casa, coniglietti, criceti, pesci ed uccellini, per completare poi con l’arrivo della mia gattona, come i miei due cani anche lei tra le tante case del vicinato, scelse la mia e me. Perciò che fare! Sono debole di cuore. Poi ho sempre avuto la passione per l’equitazione in particolare il salto ad ostacoli, ed è  grazie ai miei 3 cavalli e a questo sport che devo forse veramente tutto, la mia passione, l’amore che metto nelle cose che faccio e soprattutto la perseveranza.


- Cosa vuoi lasciare ai tuoi lettori con le tue storie?

Ai miei lettori spero di trasmettere un po’ di quella magia che provo quando scrivo e illustro le storie. Però è difficile da dire, ogni lettore può provare emozioni differenti in base a ciò che gli comunica il libro.


Piccole curiosità da lettrice e appassionata di scrittura.

- Hai un luogo/stanza dove preferisci scrivere?

Beh ipoteticamente avrei una stanza che prediligo, perlopiù un luogo, il piccolo giardino di casa mia, con il suono degli uccellini di sottofondo, respirando l’aria pulita degli alberi. 

Ma è solo poesia perché alla fine finisco sempre per scrivere alla mia scrivania, nelle ore più assurde, tipo la notte.


- C’è un autore o un libro in particolare che per te è stato comunque un mentore?

Come per l’arte, anche per la scrittura i miei riferimenti sono nel remoto passato. 

Partendo proprio dai classici latini come Catullo per finire poi con i trattati filosofici Freudiani.

Però infondo la vita vissuta è quella da cui traggo maggiore ispirazione. 


lunedì 19 aprile 2021

Siero Nero di Matteo Kabra Lorenzi - Recensione & Intervista all'autore

 "Il successo è una bestia a due facce, me ne resi conto subito. Mi accorsi di quanto la notorietà stesse minando le mie radici, agendo da cassa di risonanza per i miei demoni interiori".



Possono avidità e fame di successo portare qualcuno al punto di mandare tutto ciò che si è costruito a puttane?  

Amore, amicizie, famiglia… nulla dovrebbe mettere in discussione questi cardini fondamentali. Eppure è quello che accade a Matteo, detto Kabra, frontman dei Sesto Elemento, una band di spicco della scena musicale internazionale. Un vortice di menzogne e scelte sbagliate metteranno in discussione non solo la sua carriera, ma tutta la sua vita.

La storia parte da dove tutto ha inizio. Quella passione per la musica condivisa con il papà, con zio Max, con i cugini. Ma anche i primi amori e le prime lacrime, quelle che hanno portato alla stesura dei testi più significativi. La musica per Matteo è sempre stata lì, come punto di riferimento, come cura ma alla fine anche come unico scopo di vita.

Quando però perdi la strada, precipitando in quella trappola che ti sei costruito da solo, è l'incertezza a sovrastare su tutto. Matteo infatti inizialmente non riesce a rendersi conto delle gravità della situazione e per capire cosa sia successo deve ricomporre il mosaico di eventi che lo hanno portato ad arrivare a quel punto.

 Messaggi e chiamate si alternano alle immagini di ambulanze che cercano di caricare i feriti e farsi largo tra la folla.

 

Riuscirà Kabra a guardarsi dentro per tornare a coltivare quell’anima ormai oscura? Per lui è la fine o forse sarà solo l’inizio?


"Eppure quel Siero Nero cominciava a penetrare in maniera subdola dentro di me. Un siero nero pece, un qualcosa che avrebbe inevitabilmente inquinato la mia fermezza, anche se non me ne rendevo ancora conto".




Siero Nero  è una sorta di autobiografia intrecciata ad elementi di fantasia, raccontata con una sincerità stupefacente che fa sembrare tutto assolutamente reale. Una storia avvincente dove Matteo con la sua scrittura piena di vissuto e sofferenza è riuscito a far trapelare ogni emozione provata sulla pelle; ogni gioia e ogni difficoltà che quell'ascesa verso il successo gli è costata. 

Coinvolgente la scelta narrativa di dividere il romanzo in due tipi di capitoli, quelli che narrano il suo passato partendo da come è nata la sua passione per la musica e quelli denominati Siero Nero che raccontano la tragedia avvenuta durante il loro ultimo concerto... per arrivare ad unirsi nel capitolo finale rendendo finalmente tutto chiaro al lettore.
 Mi è piaciuta molto anche l’idea di inserire e contestualizzare perfettamente alcuni testi delle loro canzoni, che aiutano a capire perfettamente determinati stati d'animo vissuti in quel preciso periodo della sua vita. 


Intervista 

- Quando hai capito di voler buttare su carta la tua storia?
Ciao Elena e grazie mille per avermi accolto nel tuo blog per parlare del mio lavoro. 
“Siero Nero” è nato in maniera lenta, spontanea e graduale, si è praticamente costruito da sè negli anni – oserei dire addirittura dalla mia adolescenza – e improvvisamente è esploso in una necessità di concretizzazione quasi compulsiva, quando con la rockband di cui sono cantante abbiamo festeggiato i 20 anni di attività. Ecco, lì c’è stata la voglia di mettere un punto, tirare una riga e guardarmi indietro per provare a fare un primo bilancio. Parlare di me rielaborandomi “ex post” attraverso la musica, le mie esperienze e i mille aneddoti ha rappresentato una sorta di balsamo benefico per il mio percorso. 



- Cosa ti ha spinto a farlo? È stato più un bisogno o una sorta di divertimento?

L’ho fatto semplicemente perché in quel momento era un bisogno, sentivo che avrebbe rappresentato per me un viaggio terapeutico. E devo essere onesto: durante la stesura il timore che l'eccessivo coinvolgimento in molte situazioni raccontate mi impedisse di avere una scrittura lucida era altissimo. Ma era un dazio che dovevo pagare per poter raccontare la storia che avevo in testa e che ne è uscita. Per me è stato un qualcosa di necessario, di dovuto a me stesso. Se vogliamo però trovare la scintilla vera e propria che mi ha fatto optare per questo tipo di romanzo è che spesso le persone mi chiedono “perché hai scritto questa canzone?”,  “Cosa significa?”, “Cosa volevi dire con quelle parole?”. Il fatto è che non puoi spiegare in poche parole cosa c'è dietro a una canzone. Perché c’è vita, densa, sono situazioni anche difficili da raccontare e a volte complesse da spiegare in breve. La canzone ha la difficoltà di dover racchiudere tutto in pochi minuti e questo può esser per alcuni aspetti limitante. Inserire i miei testi dentro il romanzo, immersi nella storia, è come contestualizzarli, dando loro una luce nuova, per sottolineare alcuni passaggi della mia vita che han lasciato una traccia indelebile in me e dunque un'immediata memoria di quello specifico momento. 
- Quanto è successo davvero di questa storia e quanto è solo pura fantasia?
Questo è un punto per me molto importante: non si tratta di un’autobiografia, sarebbe riduttivo, bensì di una storia di fantasia (qualcuno l’ha definito brillantemente “un’epopea rock generazionale e thriller discografico”) nella quale ho trovato modo di far confluire molto di me. Si tratta di una sfumatura che potrebbe sembrare di poco conto ma in realtà è piuttosto incisiva poiché la storia di questa rockstar è un’estremizzazione, una forzatura, che tuttavia ci fa capire come possa essere facile perdere la testa cominciando anche solo da piccole scelte sbagliate. Dentro questo romanzo c’è dunque un mio “io” ipotetico, quasi distopico verrebbe da dire… ed è lo strumento che ho utilizzato per sviluppare tematiche profonde come l’amicizia, l’amore, la morte, l’arrivismo, ecc. Un giorno mi sono chiesto: “Arrivato a quarant’anni sono davvero felice di cosa sono e di quello che ho?” e la risposta è stata assolutamente affermativa. Al che mi sono detto: “Ma se per caso quella volta avessi fatto una scelta diversa? Se avessi voluto a tutti i costi fare successo? Se avessi messo al primo posto la fama? Dove sarei arrivato? Cosa sarebbe successo?” e da lì è nato questo Siero Nero, che poi è proprio quella sorta di negatività che una persona si inetta in vena quando per raggiungere uno scopo non guarda in faccia a nessuno, tradendo in primis sé stesso.



- Cosa hai provato a scavare così profondamente dentro te stesso?
Ho provato un bellissimo senso di liberazione, ma al tempo stesso ho potuto rifugiarmi nel labile confine tra finzione e realtà in modo che non ci fosse un effettivo denudamento agli occhi del lettore. Ogni cosa potrebbe essere vera e al tempo stesso falsa. Ogni evento potrebbe essere successo e al contempo potrebbe trattarsi di un’invenzione. Ogni gesto potrebbe essere avvenuto oppure esser stato creato per “esigenze di copione”. Chi può dire insomma fino a dove si spinge il romanzo? Oppure qual è il punto in cui la realtà si mescola con la fantasia? Questo, per fortuna, rimarrà sempre dentro di me.



- Cosa vuoi lasciare al lettore con il tuo libro?
Mi piace l’idea che chi mi legge possa immergersi in una storia ricca di situazioni, con l’intreccio tra passato e presente che si sviluppa lungo il racconto e si rivela con lo scorrere del libro sempre più serrato. La cosa che mi piacerebbe di più è che i lettori possano immedesimarsi nel protagonista, vivendone le ansie e i dilemmi interiori per capire come si possa, volendolo, risollevarsi facendo leva sulle persone realmente vicine e redimersi da alcuni errori che inevitabilmente facciamo durante il nostro percorso di vita. C’è sempre tempo per rinsavire! Alla fine, seppur il protagonista principale sia la musica, questo è un libro che parla di vita e dunque ho la certezza che chiunque possa ritrovarsi nel protagonista.



- Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Essendo una prima volta tutto quello che sta arrivando lo prendo in maniera positiva e lo metto in saccoccia per il futuro. Mi piace lavorare su ogni aspetto di me in maniera lenta e progressiva, la crescita deriva dall’esperienza, dagli errori, dai consigli. Appena pubblicato Siero Nero non avevo aspettative, ma ammetto che il riscontro che sto ottenendo va oltre ogni più rosea aspettativa e grazie a questo lavoro ho conosciuto moltissime persone con cui ho avuto possibilità di scambiare opinioni e in qualche caso anche stringere amicizie sincere.



- Hai in progetto altri libri?
I progetti futuri fortunatamente continuano in maniera molto prolifica. Ho da poco terminato la stesura del mio secondo romanzo, per il quale ho voluto provare a lavorare su un processo di scarnificazione dell’introiezione. Mi piace evolvermi e cercare di affrontare tipologie diverse di scrittura. Il punto di vista non è più in prima persona, e già questo tende ad allontanare lo stile da un percorso introspettivo, ma in questo caso ho scelto di portare in primo piano gli eventi, i fatti nudi e crudi, spesso scevri da giudizi, lasciando al lettore il compito di costruirsi un sentimento, un moto emotivo verso i vari protagonisti della storia. Il titolo sarà “Kaeru” e racconterà la storia di un incredibile esperimento sociale realizzato su una inconsapevole cavia umana; una sorta di 1984 di Orwell rivisitato in chiave moderna e con sfumature totalmente inattese.



- Una piccola curiosità da appassionata di musica rock. Gruppo preferito?
Affondo le mie radici nel rock italiano anni Novanta, che per me è stato il periodo d’oro e di riferimento della musica nostrana. Di quei tempi sicuramente Timoria, Ritmo Tribale, Estra, Rats, Litfiba, Movida e Afterhours. Ai giorni nostri invece mi piacciono parecchio i Ministri e i Cara Calma anche se ascolto veramente di tutto. Poi ci sono i grandi classici internazionali come gli Iron Maiden, i Deep Purple, gli Scorpions e, spostandoci nel Sud degli Stati Uniti, i Lynyrd Skynyrd.



- Per quanto riguarda la scrittura hai invece un autore e un libro preferito?
Come autore devo per forza dire Dino Buzzati che per me era un genio assoluto… e va da sé che “Il Deserto dei Tartari” è il mio romanzo in assoluto preferito. Poi tra gli scrittori dei giorni nostri reputo straordinario Gianluca Morozzi e, quasi ovvio, il grandissimo Stephen King. In generale però, salvo queste eccezioni, tendo a non legarmi a un autore specifico, ma farmi ammaliare dalla sinossi e dalle suggestioni del singolo titolo. Su questo metto quasi sullo stesso piano un esordiente con un autore più conosciuto: voglio che sia la storia a catturarmi, anche se poi evidentemente incide come viene raccontata! Ma ti assicuro che a volte è bello farsi sorprendere in positivo.

Grazie Matteo per questa storia carica di passione. 

Rock never dies!

 




mercoledì 7 aprile 2021

L'invito - Marco Rassu

 
“Se non mi muovo mi sento incompleta. Io viaggio perché cerco qualcosa, viaggio per ascoltare storie differenti dalle mie e per prendere tutto quello che di buono trovo nelle altre culture”.

 



Alla ricerca della verità, è questo il titolo dell’ incontro fra uomini differenti che dovranno confrontare le proprie vite con quelle degli altri e al quale il nostro protagonista surfista viene invitato a partecipare.

Durante tutta la riunione il mediatore pone ai suoi invitati delle domande. Domande alle quali inevitabilmente ognuno risponde in modo diverso, ovviamente dal proprio punto di vista, in base alla provenienza, al lavoro che svolge, al tenore di vita. Tutto questo per farci capire come basti anche solo abitare in un paesino invece che in una metropoli possa cambiare totalmente ideologie e stile di vita.

I temi trattati possono sembrare scontati, ma invece sono proprio quelli che quotidianamente ci mettono davanti ai quesiti più grandi della vita: il tempo, le ambizioni, la propria cultura, il lavoro, le passioni, e infine la morte e la felicità.


“La nostra sarà solo una ricerca alla fine della quale non avremo la pretesa di aver capito ma la consapevolezza di aver fatto un grosso passo in avanti nella comprensione di questa strana, magnifica, dolorosa, gioiosa, intensa, noiosa, incredibile cosa che è la vita”.


Se per il banchiere il tempo è denaro, per qualcun altro il tempo è relativo ed esiste solo perchè noi lo vogliamo. Significati altrettanto diversi vengono dati a parole come ambizione e successo. In questo caso entra in ballo il sistema in cui viviamo, che cerca insistentemente di manipolare le nostre scelte attraverso pubblicità, film, musica, semplicemente suggerendoci bisogni che fino a quel momento non sapevamo di avere o spingendoci ad ambire a desideri mai considerati prima. È così che il successo per alcuni diventa un vero e proprio scopo di vita.

In questo modo si finisce per seguire la massa, per dedicare la propria vita esclusivamente al lavoro, mettendo in secondo piano tutto il resto. Sono davvero poche le persone che concedono tempo alle proprie passioni o che comunque danno loro uno spazio notevole all’interno della quotidianità. E tra queste passioni non può mancare di certo il viaggio. Anche su questo le considerazioni sono assai diverse. Alcuni hanno girato il modo, altri ne hanno visto solo una piccola parte, altri ancora non hanno mai visto altro oltre al posto in cui vivono. 


“Si sa, viaggiare, conoscere ed esplorare il nostro pianeta venendo a contatto con le culture più diverse è qualcosa che ti arricchisce, ma è così fondamentale ai fini di una profonda comprensione della vita? La felicità, signori, è legata ad un luogo e all’interazione con la società nella quale siamo immersi?”.


La riunione si conclude parlando di felicità. Quella alla quale tutti ambiamo, ognuno a suo modo. C’è chi la cerca nei soldi, chi nell’amore, chi nel lavoro dei suoi sogni, chi nei viaggi, chi nel potere.

Una lettura assolutamente stimolante e dinamica, di quelle in cui ti ci immergi totalmente sperando che niente e nessuno venga ad interrompere quel tuo viaggio interiore. 
Leggendolo è quasi impossibile non interrogarci su cosa avremmo risposto noi a quella domanda. Forse è proprio questo l’invito di Marco nei confronti del lettore.
Ho apprezzato molto anche i flashback che l’autore inserisce in ogni capitolo, un po’ come per spiegarci il perchè delle sue risposte e quindi dei suoi punti di vista.

Un libro che dovrebbe farci capire quanto sia davvero importante rispettare le idee degli altri e soprattutto anche quanto lo sia esprimere le proprie, non sentendosi inferiori né tantomeno superiori rispetto a un qualsiasi essere umano e al suo vissuto. 

Ma anche che non è mai troppo tardi… per capirsi, per guardarsi dentro e perché no prendere coraggio per cambiare direzione. 


martedì 6 aprile 2021

Il Piccolo Principe Day

Una giornata internazionale dedicata al capolavoro francese 

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Il 6 aprile del 1943 usciva la prima edizione del Piccolo Principe di 

Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944).


  Con oltre 200 milioni di copie vendute Il Piccolo Principe è l'opera letteraria francese più conosciuta e più letta sul pianeta, tanto da arrivare a definire una giornata destinata a evidenziare i valori umanistici del libro: il 29 giugno si celebra infatti il Piccolo Principe Day.


 «In un contesto globale in cui si stanno moltiplicando crisi e tensioni, i valori umanistici del Piccolo Principe stanno trovando una risonanza speciale presso il grande pubblico. Grazie alla sua forza evocativa e alla sua capacità di ispirazione, l'appropriazione del messaggio del Piccolo Principe diventerà più ricca e varia. Tutto ciò che mancava era una giornata internazionale per celebrarlo. Ora questo appuntamento c'è: il prossimo 29 giugno», spiega la Fondazione Antoine de Saint Exupéry.

Il protagonista è un bambino che vive da solo su un pianeta lontano, innamorato di una rosa molto capricciosa e troppo orgogliosa per ammettere di aver bisogno di lui. Una volta lasciato il suo pianeta, incontra una serie di personaggi attraverso i quali vengono rappresentati i difetti più comuni dell’età adulta: un re con smania di potere, un burocrate fissato con le regole, un vanitoso, un ubriaco, un uomo d’affari schiavo dell’ansia di contare le stelle che crede di possedere.
Al Piccolo Principe tutto ciò che per loro è importante appare, invece, come superfluo perché questi uomini rappresentano quanto di più lontano c’è dal senso vero e autentico delle cose e dei rapporti tra le persone.

La volpe, animale selvatico difficile da addomesticare, è colei che insegna a questo bambino il significato profondo, e talvolta doloroso, dell’amicizia e dell’affetto sincero: «Addio – disse la volpe – Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

Un capolavoro della letteratura che riesce a trattare tematiche profonde con una semplicità unica, che si inserisce in un quadro fantastico che va al di là della realtà immaginaria; scavalca e scardina le certezze concrete della quotidianità per lasciare spazio ai sogni e alla storia di ogni piccolo bambino che dentro di noi chiede di essere ascoltato.


Personalmente ho trovato spesso rifugio nelle parole di Antoine. Ho riletto difatti questo libro in diversi momenti della mia vita e soprattutto a diverse età, e sicuramente ogni volta mi ha insegnato qualcosa si diverso sulla vita e su come affrontare determinate cose. 

Consiglio davvero a tutti di leggerlo o rileggerlo, regalarlo o perché no raccontarlo.


L'edizione che vi propongo in foto è illustrata dalla bravissima Stella Pianelli, edita da Armando Curcio Editore.


Jeanette Winterson - Lunga vita alle donne ribelli

   «Perché essere felice quando puoi essere normale?»   «Perché essere felice quando puoi essere normale?» Una frase a dir poco inconcepibi...