«Perché essere felice quando puoi essere normale?»
«Perché essere felice quando puoi essere normale?»
Una frase a dir poco inconcepibile quella pronunciata dalla signora Constance Winterson, una donna da una forte tanto folle religiosità. Disse queste parole nel settembre del 1975 rivolgendosi alla figlia adottiva Jeanette, appena sedicenne, ma distinta già da una spiccata determinazione. Jeanette, abbandonata dalla madre naturale, fu adottata dai coniugi Winterson con la speranza di farne una dogmatica missionaria. Cresciuta in una comunità religiosa repressiva in cui l’approccio fisico all'amore veniva considerato un peccato grave, figuriamoci se con una persona dello stesso sesso.
L’unico libro permesso in casa era la Bibbia. Difatti quando vennero scoperti i suoi libri nascosti sotto il materasso la madre ne fece un falò in cortile. Oltre a non avere quindi alcun tipo di libertà, Jeanette si rese conto da giovanissima di essere lesbica e decise di andare via di casa. In realtà non aveva poi altra scelta.
Oltre a collezionare numerosi lavori per mantenersi e amori irrequieti, aveva una forte passione che le teneva compagnia: la letteratura, prima studiata ad Oxford e poi riversata con passione in tutti i suoi romanzi. A questo punto la narrativa e la poesia – lette e scoperte di nascosto – diventarono per Jeanette vere e proprie vie di fuga verso un futuro migliore.
Dopo essersi trasferita a Londra, il suo primo romanzo – intitolato Oranges are not the only fruit – vinse nel 1985 il Whitbread Prize come miglior romanzo esordiente. Nello stesso anno Jeanette scrive la graphic novel Boating for beginners, mentre nel 1986 dà vita a Fit for the future: the guide for women who want to live well.
Quella ragazzina tenace e testarda è diventata con gli anni una talentuosa scrittrice. Tuttavia nella sua mente l’eco della domanda posta da Constance risuonava ancora scomoda e persistente fino a quando, nel 2012, decise di aprirsi totalmente sulla sua sofferta e agoniata vita in una bellissima autobiografia, dandole un titolo ricco di ricordi: Perché essere felice quando puoi essere normale?. In essa confessa ai suoi lettori di avere disperso un sacco di energia in rapporti carichi di rabbia e di non aver saputo abbandonarsi alle persone. Ma perchè decise di fare queste confessioni così intime?
“Sono tornata al mio passato in virtù di quei documenti scovati in un baule, così ho iniziato a scrivere per me e solo per me, la mia storia, senza pensare che sarebbe diventata un libro. È stata la mia agente a consigliarmi di metter insieme tutto, e a metà mi sono accorta che dietro gli appunti c’era una incredibile forza. Speravo che, sebbene molto personali, potessero parlare a molta gente. Ho un’idea molto morale dell’arte. Se non ci cambia la vita a che serve? Ha funzionato: sono stata inondata da lettere ed email da chiunque, donne e uomini di tutte le età”.
Un altro suo capolavoro del 1992 – Scritto sul corpo – ha un qualcosa di autobiografico e personale. In esso Winterson ripete come un mantra la domanda: «Perché è la perdita la misura dell’amore?». È innegabile che rappresenti uno dei capisaldi della letteratura più vicino al movimento Lgbtq. Il/la protagonista del romanzo – l’autrice non svela il sesso in quanto considerato dettaglio superfluo – compie un vero e proprio viaggio sensuale all’interno e attraverso il corpo dell’amante, leggendone ogni segno lasciato dalla vita. L’amore è per Jeanette uno dei pilastri della vita. Tuttavia, esso non è mai sentimentalismo, ma piuttosto un qualcosa che soffoca senza nutrire chi lo vive: una perdita, appunto.
In tutti i suoi scritti ciò che risalta è una grandissima capacità di mettersi a nudo, esplorando senza pudore e senza mezzi termini il mondo delle emozioni. Una continua denuncia contro un mondo che l’ha resa ciò che è: forte, consapevole e senza peli sulla lingua. Un mondo ipocrita che preferiva delegare agli esorcisti il peso di sentimenti ed emozioni a loro scomode. Una penna irriverente e trasgressiva, spesso segnata dal proprio passato e da una continua lotta per affermare se stessa e la propria sessualità
E allora, perché essere felice quando puoi essere normale?
Forse perché, come insegna Jeanette, ricercare la propria felicità – a costo anche di ritrovarsi spesso soli – conduce al finale migliore che una storia possa avere: il perdono e l'accettazione.